mercoledì 27 gennaio 2010

Milano - Zurich



Partito.
Ormai ero arrivato ad un punto morto, cercavo un cambiamento drastico nella staticità portata al suo estremo, ma non esiste altro metodo che allontanare lo sguardo da qualcosa di quotidiano per un periodo per poter riconoscere le differenze che il tempo gli infligge, e che infligge anche a noi stessi.
Continuavo a considerarmi un instancabile giramondo, quando in realtà Milano mi aveva legato a sè con nodo scorsoio, e negli ultimi anni non mi ero più distaccato da lei se non per alcune manciate di ore o di giorni.
La città che amo odiare.
La mia città.

Oggi ho mollato gli ormeggi, e ora mi muovo placido alla deriva, su questo treno che ondeggia quieto mentre attraversa le Alpi, mentre il paesaggio intorno a me si fa sempre più innevato e brullo, e anche la temperatura interna al vagone cala drasticamente chilometro dopo chilometro.

Le due anziane che mi siedono accanto non fanno che lodare il loro lauto pasto appena consumato, a base di panini e frutta fresca; "Fossimo state al ristorante non sarebbe stato così bello" continuano a ripetersi, con la voce che sbiascica per le dentiere, e con le parole rese ancor più incerte ed incespicanti dalle due bottiglie di birra artigianale che si sono scolate, e che le ha rese parecchio più socievoli e sorridenti.

Il resto del vagone è popolato da anime dormienti perlopiù, destate ogni tanto dal passaggio del carrello del caffè.

Fuori intanto le montagne si aprono improvvisamente, e la regione dei laghi mi si palesa davanti come un' epifania: scorci fiabeschi di specchi d'acqua gelidi ed immobili, dove tutto sembra cristallizzato da secoli.
Le Amiina si sposano a meraviglia con l'andatura pacata del treno in questo spazio senza tempo